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SULLIVAN E PELLEGRIN, UN DIALOGO ATTRAVERSO SPAZIO E TEMPO

Roma, 2017

SULLIVAN E PELLEGRIN, UN DIALOGO ATTRAVERSO SPAZIO E TEMPO

Localizzazione

Roma

Cliente

AIAC – Associazione Italiana Architettura e Critica

Stato

Realizzato

Anno

2017

Team di Progettazione

Sergio Bianchi con Chiara Pellegrin, Simone Fracasso, Simone Russo, Ahmed El Gazzar, Valeria Menculini, Roberto Ruggeri

Il racconto si articola su più livelli:

Pellegrin racconta Sullivan, Sullivan racconta Sullivan, Pellegrin elabora Sullivan, Zevi racconta Pellegrin.

Pellegrin si onora di dire che non ha capito subito, ma che ha “sentito “ subito, nel pomeriggio in cui era all’Art Institute di Chicago quando una signora gentile gli fece vedere i disegni di Sullivan. Si trovò di fronte alle tavole della legge aperte (a matita, leggerissime). Non aveva capito, ma aveva “sentito”. Dalla fine del 1953 Pellegrin è negli Stati Uniti, a New Orleans, dove lavora nello studio di W.R. Burck.
Nel 1956 Pellegrin scrive per la rivista l’Architetturauna. Cronache e Storia, una serie di articoli sulla scuola di Chicago, uno di questi, che viene esposto nell’allestimento per intero è: Storicità di Louis Henry Sullivan.

Presentiamo poi le stampe su grande formato di alcune decorazioni murarie di Sullivan, dimostrazione evidente che la tappezzeria, cercando un senso in iterazioni e accostamenti, può intuitivamente afferrare la matrice biologica e che tale matrice sia generatrice di spazialità complessa. Alle stampe si accompagnano le tavole tratte da “un sistema di ornamento architettonico” e un brano di Sullivan sul valore della poesia come anticipazione, pubblicato sulla rivista “Poetry” nel 1916.

C’è una lettera, scritta da Pellegrin a Luciana Menozzi nel luglio del 1954 da New Orleans, in quel fecondo periodo di incubazione, che fu per Pellegrin l’esperienza americana, in cui sottolinea “io non vedo”. Quel non vedere non gli è mai bastato. Il tentativo di capire e di elaborare innerva tutta la sua attività. Ancora in “Un percorso nel potenziare il mestiere del costruire”, questa volta raccontando se stesso Pellegrin scrive:

“Qualcuno può dire che Pellegrin ha disegnato le LINEE soprattutto per il piacere di immaginare una crescita. Se fosse vero. Pellegrin non obbietterebbe.”

Un’altra ragione del disegnare di Pellegrin è una sentita “necessità”. Necessità che il welfare dell’Uomo non sia più solo settorialmente affrontato da Sindacalisti, o da Sacerdoti o da Ecologisti. Loro PROTEGGONO, non propongono.

“Gli uomini sedati hanno risolto molto a livello di individualità. Molto poco al livello di grembo, sede fisica costruita, cioè di un costruito sistema insediativo.”

Le linee di Pellegrin si nutrono della concatenazione biologica del disegno di Sullivan per elaborare un sistema insediativo dell’uomo, in una tensione che rievoca la “PREMESSA” di Luciana.
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